giovedì 21 settembre 2017

Soros ‘investe’ 500 milioni di dollari nei rifugiati e nei migranti europei e spiega perché



L’articolo che proponiamo, pubblicato da Tyler Durden un anno fa, è finora passato quasi inosservato in Italia, benché sull’immigrazione offra un punto di vista superiore, corroborato da documenti del miliardario Soros e dei suoi funzionari.
 
 
 
Dalla sua lettura emergono i seguenti tre fatti.
 
 


 1. Gli Stati Uniti, non semplicemente l’alacre George Soros, creano i presupposti del fenomeno dell’immigrazione, da un lato continuando a imporre alle popolazioni del terzo mondo i principi del libero scambio che ne paralizzano le potenzialità di sviluppo autonomo e d’altro lato destabilizzandole politicamente: la fuga di milioni di persone dall’Africa e dall’Asia, così poco naturale che lo stesso Soros la qualifica come forzata senza però nominare chi la forzi, segue dalle strategie delle amministrazioni americane, a partire dalla globalizzazione del Washington Consensus per finire alle primavere arabe.
 
2. Gli Stati Uniti provvedono i corridoi ai flussi dei migranti permettendo l’attività dei trafficanti e finanziando le ONG.
 
 
3. Gli Stati Uniti paralizzano le capacità di difesa degli Stati europei svuotandone la sovranità con la UE e con la NATO e manipolando l’opinione pubblica con l’idea di migrazione come nuova normalità. In effetti la migrazione come nuova normalità implicherebbe il ritorno al nomadismo paleolitico; ma si tratta di miserevole ideologia: non solo Soros continua a distinguere tra migranti e comunità ospiti, anche sottolinea che l’obiettivo statunitense è ridurre l’Europa, proprio l’Europa, a comunità ospite. Il quadro che emerge dalle prese di posizione della Open Society Foundations denuncia le migrazioni di massa come arma usata nel quadro di un preciso progetto imperiale di destabilizzazione. La difficoltà di rispondere al fenomeno non nasce dunque dalla sua complessità o dalla sua irresistibilità naturale, tanto meno dalla sua razionalità o dal dovere umanitario: si tratta piuttosto di disobbedire ai disegni di una potenza imperiale che non perdona le disobbedienze.
Fonte: Appello al Popolo
Traduzione di Paolo Di Remigio, Roberto Gironi, Federico Monegaglia
 
 
Soros ‘investe’ 500 milioni di dollari nei rifugiati e nei migranti europei e spiega perché
di Tyler Durden
 
 
Confermando ancora una volta di essere il burattinaio silenzioso dietro la crisi europea dei rifugiati, in un intervento nel Wall Street Journal George Soros, l’investitore divenuto miliardario da un giorno all’altro e risoluto sostenitore di Hillary Clinton, ha dichiarato che investirà 500 milioni di dollari per rispondere alle esigenze dei migranti e dei rifugiati.
L’investimento di Soros arriva in risposta all’iniziativa dell’amministrazione Obama “Call to Action”, che chiede alle imprese statunitensi di alleviare la crisi dei migranti. Soros, fondatore della Open Society Foundations, ha anche dichiarato che per orientare i suoi investimenti ha in programma una stretta collaborazione con l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite e con la Commissione per il Soccorso Internazionale .
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Difficile che ai bene informati l’annuncio arrivi come una sorpresa.
Un mese fa, a seguito delle violazioni informatiche di DCLeaks, abbiamo denunciato che “la violazione informatica dei documenti di Soros svela un piano dietro la crisi europea dei rifugiati”. Per ricordare, stando a uno dei molti documenti trapelati, la crisi europea dei rifugiati dovrebbe essere accettata come una ‘nuova normalità’, e per l’organizzazione di Soros la crisi significa “nuove opportunità” di influenzare su scala globale le politiche di immigrazione. Anna Crowley, funzionario per il programma dell’Open Society Foundations, e Katin Rosin, esperta del programma, hanno insieme redatto il memorandum del 12 maggio intitolato “Migration Governance and Enforcement Portfolio Review”.
La rivista, di nove pagine, individua tre punti chiave: [1.] Open Society Foundations ha avuto successo nell’influenzare la politica di immigrazione globale; [2.] la crisi europea dei rifugiati presenta per l’organizzazione “nuove opportunità” di influenzare la politica globale dell’immigrazione;[3.] la crisi dei rifugiati è la “nuova normalità”.
[1.] Come le autrici scrivono nell’introduzione, uno dei propositi della rivista “considera l’efficacia degli approcci che abbiamo utilizzato per raggiungere il cambiamento a livello internazionale”. Una sezione della rivista intitolata “Il nostro lavoro” descrive come il meno trasparente dei think tank americani abbia lavorato insieme ai ‘leader del settore’ per “modellare la politica della migrazione e influenzare i processi regionali e globali con effetti sul modo in cui la migrazione è governata e imposta”.
In una sezione intitolata “Le nostre ambizioni” le autrici spiegano: “La nostra premessa per impegnarci nel lavoro legato alla governance era questa: oltre a mitigare gli effetti negativi dell’attuazione, dovremmo anche sostenere gli attori sul campo cercando di cambiare attivamente le politiche, i poteri e le regole che governano la migrazione”.
Esse scrivono:“Crediamo anche che progressi a livello regionale o internazionale possano generare l’impulso al cambiamento politico o l’implementazione di norme esistenti al livello nazionale. Abbiamo deliberatamente evitato il termine ‘governance globale’ perché non c’è un unico sistema a livello globale per gestire la migrazione”.
La stessa sezione dichiara più sotto che l’Iniziativa Internazionale per la Migrazione (IMI), “particolarmente a livello globale, ha dovuto essere selettiva e attenta alle opportunità nell’aiutare i leader nel settore per spingere a pensare alla migrazione e a coordinare meglio il patrocinio e gli sforzi di riforma. Abbiamo sostenuto iniziative, organizzazioni e reti il cui lavoro è legato direttamente ai nostri scopi nei corridoi”.
In un’altra sezione del memorandum, intitolata “Il nostro posto” si legge: “Ben presto, l’Iniziativa Internazionale per la Migrazione ha identificato una manciata di organizzazioni capaci di impegnarsi in modo globale e transnazionale sulla migrazione, elevando oltre il livello nazionale il lavoro di corridoio dell’Iniziativa Internazionale per la Migrazione”.
“Queste organizzazioni includono think tank importanti come il Migration Policy Institute (MPI) e reti di patrocinio come l’International Detection Coalition (IDC)”. (Le autrici più sotto rilevano che MPI, un tenace promotore dell’amnistia per gli immigrati illegali in America, “a volte è criticato per la sua vicinanza ai governi, [ma] il finanziamento flessibile dall’Open Society Foundations gli ha permesso di mantenere una certa indipendenza dai governi a cui esso dà consulenze”.)
Il memorandum sottolinea anche che “l’Iniziativa Internazionale per la Migrazione ha svolto un ruolo centrale nello stabilire e nell’influenzare gli scopi di due nuovi fondi subalterni del [Programma europeo per l’integrazione e la migrazione], quello competente sul Sistema comune di asilo europeo (CEAS) e quello competente sulla detenzione degli immigrati”.
[2.] Ancora più importante: il memorandum spiega come la crisi europea dei rifugiati apra le porte all’organizzazione di Soros per influenzare ulteriormente la politica globale dell’immigrazione.
Le autrici notano che l’“attuale crisi dei rifugiati crea lo spazio per riconsiderare la governance della migrazione e il regime internazionale dei rifugiati”. Secondo il memorandum, una ragione di ciò è che i paesi in via di sviluppo, che costituiscono il Gruppo dei 77 alle Nazioni Unite, sono stati motivati dalla crisi dei rifugiati a mantenere sull’agenda globale i problemi dell’immigrazione”. “La crisi dei rifugiati e la paura che gli interessi dei migranti in fuga dalla povertà, dai cambiamenti climatici, dalla violenza generalizzata o da disastri naturali possano essere trascurati in questi forum hanno generato una spinta dai paesi del G 77 per assicurare che altri problemi legati alla migrazione restino nell’agenda globale”.
Le autrici spiegano anche che la crisi attuale offre “nuove opportunità” di influenzare su scala globale la politica di immigrazione.
“Il clima attuale presenta nuove opportunità per riformare a livello globale la governance della migrazione, o tramite il sistema multilaterale esistente o unendo una gamma di attori perché pensino più innovativamente. Il nostro interesse e il nostro investimento di lunga data nel lavoro globale ci consentono di avere molti dei partner giusti e di poter aiutare altri a navigare in questo spazio”.
La rivista dichiara: “La crisi dei rifugiati offre nuove opportunità” per “il coordinamento e la collaborazione” con altri ricchi donatori.
È come se la crisi europea dei rifugiati fosse pianificata e preparata, non solo dall’organizzazione di Soros, ma da altre che trarrebbero beneficio da un salto nel cambiamento della “governance” regionale “della migrazione”, cioè da una riformulazione dei termini della sovranità – come la Grecia, che diversi mesi fa, quando la sua sovranità è stata assoggettata alla volontà del paese di partecipare al piano europeo dei rifugiati, ha scoperto le maniere forti.
[3.] Non sarà una sorpresa che secondo la rivista i decisori politici sull’immigrazione debbano accettare la crisi dei rifugiati come ‘nuova normalità’. Una delle conclusioni elencate nella nota è “accettare la crisi attuale come la nuova normalità e muoversi al di là della pura necessità di reagire”.
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Alla luce di quanto sopra, è chiaro che Soros e la ‘Open Society’, che hanno già investito centinaia di milioni nel rimodellare l’Europa in un modo che, pur evitandone il termine, realizza precisamente la ‘governance globale’ col determinare gli afflussi di milioni di forestieri in Europa, continueranno a versare ancora denaro per facilitare l’ingresso in Europa di ‘migranti e rifugiati’, anche se ciò significasse rovesciare Angela Merkel, il cui crollo nei sondaggi è emerso come la più grande sorpresa da quando Soros complotta per modellare il volto dell’Europa per generazioni a venire.
E ora Soros si concentra sull’America e anche sul resto del mondo.
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Di seguito l’intervento di Soros sul Wall Street Journal
Perché investo 500 milioni di dollari sui migranti
Investirò in startup, in aziende consolidate, in iniziative e imprese a impatto sociale fondate da migranti e rifugiati
Il mondo è stato turbato da un forte aumento della migrazione forzata. Decine di milioni di persone sono in movimento, fuggendo dai loro paesi in cerca di vita migliore altrove. Alcuni fuggono guerre civili o regimi oppressivi; altri sono scacciati dall’estrema povertà, richiamati dalla possibilità di avanzamento economico per se stessi e le loro famiglie.
Il nostro fallimento collettivo nello sviluppare e implementare politiche efficaci per gestire il flusso accresciuto ha contribuito fortemente alla miseria umana e all’instabilità politica – sia nei paesi in cui le persone fuggono che nei paesi che, volenti o meno, le ospitano. I migranti sono spesso ridotti a un’esistenza di disperazione inoperosa, mentre i paesi ospiti non riescono a cogliere i benefici comprovati che una maggiore integrazione potrebbe offrire.
Sono i governi a dover svolgere il ruolo direttivo in questa crisi, affrontandola attraverso la creazione e il sostegno di adeguate infrastrutture fisiche e sociali per migranti e rifugiati. Ma è decisivo che si sfrutti anche la potenza del settore privato.
Riconoscendo questo, l’amministrazione Obama ha recentemente lanciato un ‘appello all’azione’ chiedendo alle imprese statunitensi di svolgere un ruolo maggiore nell’affrontare le sfide poste dalla migrazione forzata. Oggi i capi del settore privato si riuniscono alle Nazioni Unite per assumere impegni concreti così da contribuire a risolvere il problema.
In risposta all’appello, ho deciso di stanziare 500 milioni di dollari per investimenti che affrontino specificamente i bisogni dei migranti, dei rifugiati e delle comunità ospiti. Investirò in startup, in aziende consolidate, in iniziative e imprese a impatto sociale fondate dai migranti e dai rifugiati stessi. Sebbene la mia preoccupazione maggiore sia aiutare i migranti e i rifugiati in arrivo in Europa, cercherò buone idee per investimenti che avvantaggino i migranti di tutto il mondo.
Questo impegno a investire capitali integrerà i contributi filantropici che le mie fondazioni hanno versato per affrontare le migrazioni forzate, un problema sul quale abbiamo lavorato a livello globale per decenni e al quale abbiamo dedicato risorse finanziarie significative.
Cercheremo investimenti in una varietà di settori, tra i quali le tecnologie digitali emergenti, che sembrano essere particolarmente promettenti come modo di offrire soluzioni ai problemi che la gente spostata spesso affronta. Progressi in questo settore possono aiutare la gente ad avere accesso ai servizi governativi, legali, finanziari e sanitari. Le società private già investono miliardi di dollari per sviluppare questi servizi per le comunità non-migranti.
Questo è il motivo per cui il denaro si muove istantaneamente da un portafoglio mobile ad un altro, gli autisti trovano i loro clienti usando soltanto un cellulare, ed è il modo in cui un medico nordamericano può visitare in tempo reale un paziente africano. Personalizzare ed estendere queste innovazioni per servire i migranti aiuterà a migliorare la qualità della vita di milioni di persone in tutto il mondo.
L’insieme degli investimenti che faremo apparterrà alla mia organizzazione no-profit. Sono pensati per avere successo – perché voglio mostrare come anche il capitale privato possa svolgere un ruolo costruttivo nell’aiutare i migranti – e tutti gli eventuali profitti andranno a finanziare programmi della Open Society Foundations, compresi i programmi che aiuteranno i migranti e i rifugiati.
Come campioni di vecchia data della società civile, staremo attenti ad assicurare che i nostri investimenti portino a prodotti e servizi che aiutino veramente i migranti e le comunità ospiti.
Per stabilire i principi guida dei nostri investimenti lavoreremo inoltre a stretto contatto con organizzazioni quali l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite e la Commissione per il Soccorso Internazionale. Il nostro obiettivo è quello di utilizzare per il bene pubblico le innovazioni che solo il settore privato può sviluppare.
Spero che il mio impegno ispiri altri investitori a perseguire la stessa missione.
 
Fonte: Zero Hedge

 

 





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