mercoledì 9 dicembre 2020

GRAZIE SANDRO


 GRAZIE SANDRO

PER TUTTO QUELLO CHE CI HAI DONATO

GRATIS ET AMORE IDEAE

IL TUO SORRISO 

  PERDONI  LE NOSTRE LACRIME

GLI UOMINI  LIBERI TI ONORANO

I Funerali saranno celebrati Lunedì 14 Dicembre alle ore 10.30 

nella Chiesa di Ognissanti al Cimitero  di Bergamo




sabato 31 ottobre 2020

A GIORGOS E MANOLIS. A TUTTI I CAMERATI ASSASSINATI. AI NOSTRI CARI DEFUNTI


IL 1 NOVEMBRE 2013

UN COMMANDO ANTIFASCISTA UCCIDEVA IN ATENE

 GIORGOS FONTOULIS,ANNI 27
 MANOLIS KAPELONIS,ANNI 22

 MILITANTI DI ALBA DORATA

 Gli Uomini Liberi Vi Onorano

martedì 1 settembre 2020

QUANDO 43 RAGAZZI UCCISI INERMI IL 28 APRILE 1945 DIVENTANO UN'ORGANIZZAZIONE CRIMINALE


 

CE LO SPIEGASSERO I SIGNORI DI FACEBOOK 


INDOTTI


         - SU SEGNALAZIONE DELLE SOLITE MERDE -            


 A CANCELLARE UN POST COMMEMORATIVO DI 4 MESI FA


 E AD OSCURARE LA PAGINA FACEBOOK 


"UOMINI LIBERI -PRESS"





sabato 1 agosto 2020

LE MAMME, PER FORTUNA, A VOLTE SBAGLIANO


Tutte le Mamme raccomandano ai figli 
di far la cose di giorno…
 perché si è più freschi ... e anche perché -come si usa dir da noi- "di notte vanno in giro solo i balordi, le puttane e gli ubriachi" .
Ma Luca quel giorno non ci voleva sentire.
Lo aspettava Riccione, il sole, il mare e le ragazze.
 Io l'avrei raggiunto la settimana dopo.
Quando hai 18 anni anche mezza giornata in più di ferie è "sacra"
E poi partire di notte,  per la prima volta, da solo, col treno è qualcosa che affascina la mente
Per la prima volta i titolari dell' Hotel dove sei sempre andato con la famiglia,
ti vedranno arrivare da  solo.

 Questi i pensieri di Luca a mezzogiono dell' 1 agosto 1980 mentre pranzava con la famiglia.
La zia tentò di per l'ultima volta di convincerlo a partire la mattina  dopo ...
"cosa ti cambia, riposi e poi parti fresco domattina"
"Tutto"-  rispose Luca - "...e a voi cosa cambia? "
Memore dell' ottimo profitto al liceo e del bravo ragazzo che era, la zia sorrise rassegnata ...
"e vabeneee, parti stanotte, ma appena arrivi telefona" 

Luca era in spiaggia quando successe quel disastro

Io ero a casa 
E quella mattina un Amico di dieci anni piu' vecchio mi  disse col suo tono cinico- beffardo 
"che culo tuo cugino, l'ha scampata bella ! 
...A parte gli scherzi, ricordiamoci tutti dove eravamo stamattina"
Lo guardai come un diciottenne
guarda un "vecchio " di ventotto.
"A l è matt (è matto )" pensai
Ma aveva ragione

La Mamma (zia) stavolta non aveva avuto ragione.

Ma il "vecchio"Camerata ventottenne si.





Il giorno dopo il Sistema aveva già fabbricato il colpevole "fascista" della strage.

Perché il Sistema non potrà mai processare se stesso.
E da 40 anni , (o meglio da 75) , campa sulla 
menzogna e sul sangue .
 Anche di quelle 85 ( o 86 ?)
povere vittime molto meno fortunate di mio cugino.


RISPETTO PER LE VITTIME
 DELLA  STRAGE DI STATO

PERCHE' NESSUNO DI NOI
ERA A BOLOGNA

Uomini Liberi - Press

sabato 20 giugno 2020

BUON SOLSTIZIO D'ESTATE


Primo giorno d'estate: gli ultimi pagani festeggiano nudi


Solstizio d'estate: ancora oggi un'antica religione dell'età del bronzo sopravvive in Lettonia. Siamo andati sul posto per vedere i loro riti in occasione della festa dell'estate. Riti fatti di fuochi, offerte di cibo e doni e bagni sacri nei laghi, con gli ultimi pagani coperti soltanto di ghirlande di fiori.

Alba del 21 giugno, solstizio d’estate: il giorno dell’anno in cui la luce solare dura di più e vince sulla notte. Uomini con corone di foglie di quercia e donne con ghirlande di fiori campestri invocano nei loro canti il dio Dievs, le dee Laima e Mara, e varie divinità che soprintendono ai tanti aspetti della natura. Si accendono fuochi sacri e si fanno offerte di cibo a querce, laghi e sorgenti. E si fanno bagni rituali nudi, in un lago.

Tutto questo accade anora oggi fra gli ultimi pagani d’Europa, in Letgallia, regione agricola della Lettonia, piccola repubblica ex sovietica che si affaccia sul mar Baltico.

Nel frattempo lui, il Sole tanto invocato, si fa appena vedere: le troppe nubi di una settimana di pioggia lo nascondono. Ma questa rimane la sua festa, la festa della luce: dopo un inverno rigido e con troppe ore al buio, il Sole sorge alle 4 del mattino e irradia da dietro le nuvole la sua luce, pallida, ma preziosa.

È tempo di risveglio della natura e cresce la voglia di uscire, di stare insieme. «Si festeggia all’antica, come migliaia di anni fa» osserva l’antropologo Cesare Poppi, che con noi ha osservato e valutato questi riti. La festa continua il 23 giugno, giorno di san Giovanni, qui chiamato Janis, festa nazionale della Lettonia.

Compromesso. Ma è la festa di san Giovanni più pagana del mondo. Qui il santo imposto dalla Chiesa fu adattato alla tradizione locale: la festa della luce, al solstizio d’estate, c’era da molto prima che si parlasse di cristianesimo. In alcuni villaggi si fa ancora il 21 giugno, ma in genere la celebrazione è spostata al 23, festa nazionale di san Giovanni-Janis, senza che questa perda la sua origine pagana: tutti sanno che con il santo si festeggia in realtà il Sole. «La Lettonia, anticamente Latvia» spiega Poppi «fu l’ultima roccaforte pagana a essere cristianizzata in Europa. Lo fu solo parzialmente nel XIII secolo, quando arrivarono i cavalieri teutonici cacciati dalla Terra Santa, dopo la sconfitta crociata. Ma fino al XVIII-XIX secolo, la grande maggioranza degli abitanti della Latvia non accettò la religione cristiana, o comunque continuò a praticare anche il culto pagano». Legati all’antica tradizione, i contadini non volevano essere come i loro padroni germanici, che con i sudditi non si comportavano affatto “cristianamente”.

Era una resistenza di sfruttati, che si cementò condividendo canti popolari, i dainas, in cui erano mantenuti vivi la devozione per i propri dèi e i valori di solidarietà della comunità contadina, l’idea che l’uomo non fosse il padrone, ma solo uno degli elementi della natura, nel rispetto dei suoi ritmi.

La festa pagana del solstizio (9:37)


Essere, non avere. «La lingua lettone è considerata una delle più antiche della famiglia indoeuropea, da cui vengono quelle moderne come il portoghese, l’italiano, il francese, il tedesco e l’inglese» spiega l’antropologo. «Per esempio diev (in latino deus, diva) corrisponde al sanscrito diev, che significa splendore, luce, e quindi Sole». Da diev viene infatti la divinità locale Dievs. In lettone, non esiste il verbo “avere”. I lettoni dicono “essere a me”. Ciò deriva dall’idea originale che l’uomo riceve i beni della natura, non li possiede.

Sulla base di una prima trascrizione di migliaia di dainas presenti nel folclore locale, lo storico lettone Ernests Brastinu e un gruppo di intellettuali locali ricostruirono, all’inizio del Novecento, le coordinate della religione pagana tradizionale: i nomi e il ruolo delle divinità, l’etica e la visione del mondo. Chiamarono questa religione Diev­turiba, da dievturis, coloro che ricevono Dievs.
Repressione. Questa religione divenne fondamento del nazionalismo lettone. Stalin fece di tutto per perseguitare e deportare i diev­turis, ma il corpus dei dainas e la ritualità radicata nel folclore sono rimasti intatti. La religione è poi diventata legale con l’indipendenza dall’ex Unione Sovietica.
La cittadina di Malpis offre un esempio di come si sono conservati i riti arcaici. Qui vi è anche una scuola per la diffusione della cultura popolare e l’antica religione lettone, diretta da Andris Kapustz e dalla moglie Aida Rancane, entrambi studiosi di folklore e musicisti. E nella festa di questa cittadina si nota la continuità fra la cultura popolare contemporanea lettone e quella dell’età del Bronzo. Forse del Neolitico. «Sono elementi di una cultura europea già a quel tempo globalizzata» spiega Poppi. «La parte centrale del rito è la costruzione, in legno, della “porta di san Giovanni”, orientata in modo da inquadrare perfettamente il Sole all’alba del solstizio. È la stessa pratica astronomica-rituale che fu consacrata in grande a Stonehenge, l’equivalente della basilica di san Pietro in una diffusa religione europea dell’età del Bronzo».

La cuspide della porta forma una specie di X: «è il simbolo dello iumis, la coppia di gemelli che portano fertilità, continuità e armonia, ancora presente nelle case rurali dei lettoni».



La cena della vigilia: un ricco pasto nella notte che precede il solstizio d’estate.
In corteo. A Malpis, il 21 giugno come a san Giovanni, si muove un corteo che diffonde inni sacri. Con tappe davanti alle case per scambiare offerte (formaggio, pane, birra, orzo non fermentato e fiori) e auguri di salute e fecondità, per la famiglia come per il bestiame e i raccolti. Tutti sono invitati a unirsi al corteo. Ci si ferma sotto una grande quercia, manifestazione di un dio maschile, per lasciare offerte all’albero e intonare preghiere. Giunti poi su una collina, viene accesa una pira sacra che durerà tutta la notte. I fedeli bruciano le corone del solstizio dell’anno prima e fanno offerte al fuoco. Altre offerte sono poste su una piccola zattera e inviate attraverso la corrente di un fiume a Upes mate, una delle madri delle acque.

«Si celebra in questo modo il matrimonio tra fuoco e acqua, fra maschile e femminile» spiega Poppi. Viene quindi incendiata una ruota che rappresenta il Sole ed è poi fatta rotolare in pendenza. Più lontano andrà, maggiore sarà il successo dei prossimi raccolti.

Le donne non sposate eseguono un altro rito: ognuna lancia una corona di fiori su una quercia, elemento maschile, sperando che rimanga appesa a un ramo. Per ogni tentativo fallito è previsto un altro anno di nubilato. «Siamo di fronte al modello ancora vivente dei riti agrari che si praticavano già migliaia di anni fa» osserva ancora l’antropologo.

Quando mi sposerò? Il lancio rituale della ghirlanda
sulla quercia predice l’anno delle nozze.


Nella notte di san Giovanni-Sole i giovani vengono invitati a cercare il fiore della felce. Che però non esiste. In realtà è una metafora con cui gli adulti consentono ai ragazzi di appartarsi, per fare l’amore. Non si contano in questa notte le tende (rigorosamente per 2), sparse nei campi e fra le betulle.
Pantheon baltico. Al centro di queste feste ci sono i dainas, brevi racconti e detti cantati che insegnano comportamenti virtuosi e parlano di dèi. Nel corpus di 500 mila dainas raccolti dagli studiosi, 4 mila si riferiscono a Dievs, il dio supremo. Seguendo la loro variazione si può pensare che il dio fosse all’inizio impersonale, una forza che pervade tutte le cose e sia poi diventato dio del cielo e della luce.

«Laima, la dea del fato» spiega Valdis ­Celms , membro autorevole della religione dievturiba «fa da mediatrice, in una trinità, fra Dievs e Mara. Quest’ultima è responsabile della costruzione e dell’equilibrio del mondo materiale. Si manifesta nelle cose, negli eventi naturali e negli esseri viventi». Mara presiede alla nascita, al corso della vita e alla morte. Insomma, una Grande madre di probabile provenienza neolitica. Ha decine di aiutanti, o meglio figure specializzate in cui si trasforma: Madre dei fiumi (Upes mate), del vento e degli uccelli (Veja mate), Madre della pioggia (Lietus mate).

Persino le foglie, i fiori e i funghi hanno una specifica madre: in ordine, Lapu mate, Ziedu mate e Senu mate. Poi, madre delle strade e protettrice dei viandanti (Cela mate), della fertilità (Zemes mate), dei campi (Lauku mate), del lino (Linu mate), del bestiame (Lopu mate), del mare (Juras mate), dei morti (Velu mate o Kapu mate)... e così via, fino a 60 madri.

Nel calendario lettone sono 8 le feste pagane, 2 per stagione. Solstizi ed equinozi i principali appuntamenti. Nel giorno più lungo, 21-23 giugno, la festa della luce (Janis); per il più corto, 21 dicembre, il Ziemassvetki. Per gli equinozi, Liela (21 marzo) e Mikeli (21 settembre). I riti di passaggio dievturiba, oltre al matrimonio e al funerale, sono il fidanzamento e il ricevimento del nome che sostituisce il battesimo.
Spirito e anima. Secondo i dievturi una persona è fatta di tre parti: augums (corpo), dvesele (anima) e velis (spirito). Ne decidono il destino, prima della nascita, Laima e le sorelle Karta e Dekla (come le tre Moire greche o le Norme nordiche). Con la morte, le tre parti si separano: il corpo torna alla terra e l’anima a Dievs. Lo spirito è una sorta di ombra (alla greca) che ha memoria del pensiero del defunto. Per un periodo resta vicino ai vivi. Nel Veli, festa dei morti, gli spiriti sono invitati a entrare nelle case. Più tempo passa, più il ricordo si attenua nelle nuove generazioni e lo spirito di un defunto sale a quote superiori fino a raggiungere l’altro mondo (Vinsaule), situato dietro il Sole, dove continuerà a esistere.

«Alcuni credono nella reincarnazione, ma la nostra antica religione non ne parla», puntualizza Olgert Auns, il dievturo più anziano. «La nostra fede è un sistema di vita. Anche se il destino di una persona è dato dall’inizio, nel quadro tracciato da Laima sono ampi i margini di manovra per rendere la vita felice e virtuosa, vivendo bene con gli altri, in equilibrio con la natura».
«E proprio a questo servono i riti agrari» conclude Poppi. «Se lo storico Fernand Braudel diceva che i fenomeni storici vanno giudicati sulla lunga durata, allora possiamo dire che in Lettonia abbiamo assistito a pratiche di un’Europa globalizzata con una comune cultura, almeno 3 mila anni prima della nascita dell’Unione europea».


pagans

 
Alcuni partecipanti alla cerimonia del solstizio d’estate immersi, con le sole ghirlande di fiori rituali, in un lago della regione della Letgallia, fra le più tradizionaliste della Lettonia, dopo avere offerto doni alla dea madre delle acque.
Articolo pubblicato per la prima volta il 20 giugno 2012              
20 Giugno 2017 | Franco Capone

domenica 14 giugno 2020

GIUSEPPE E GRAZIANO,UCCISI DALLE BRIGATE ROSSE

 
 
 
GIUSEPPE MAZZOLA GRAZIANO GIRALUCCI 
 PADOVA 17 GIUGNO 1974





Graziano Giralucci nato A Villanova di Camposampiero (PD), il 7 dicembre 1944, agente di commercio.
Giuseppe Mazzola nato A Telgate (BG), 21 aprile 1914, ex carabiniere in pensione, 


militanti del Movimento Sociale Italiano, furono le prime vittime delle Brigate Rosse.
 
 





L'assalto alla sede del MSI:


intorno alle 10 del mattino del 17 giugno 1974, un commando di esponenti delle Brigate Rosse penetrò con la forza nella sede dell'MSI di Padova, sita in via Zabarella, allo scopo di prelevare alcuni documenti.


Il commando era composto dai seguenti terroristi:


- Roberto Ognibene, esecutore materiale dell'incursione.


- Fabrizio Pelli, esecutore materiale dell'incursione.


- Susanna Ronconi, con funzione di retroguardia.


- Giorgio Semeria, con funzioni di autista.


- Martino Serafini, con funzioni di sentinella per un eventuale arrivo delle forze dell'ordine.


Penetrati all'interno del locali, i due terroristi vi trovarono Graziano Giralucci, militante dell'MSI quasi trentenne, e Giuseppe Mazzola, un ex carabiniere in pensione che teneva la contabilità, entrambi casualmente presenti quella mattina nella sede del partito.


I due terroristi estrassero due pistole, una P38 e una 7,65 con silenziatore, e tentarono di immobilizzare i due missini: Mazzola, non intimorito, afferrò la pistola di uno dei due terroristi e Giralucci cercò di immobilizzarlo abbrancandolo per il collo.





L'altro terrorista intervenne sparando un colpo che raggiunse alla spalla Giralucci ed un secondo che colpì Mazzola trapassandogli la gamba destra e l'addome: Mazzola e Giralucci, ormai inermi, furono freddamente uccisi ognuno con un colpo alla testa.





La rivendicazione e la "Pista Nera":


il giorno successivo le Brigate Rosse rivendicarono la paternità dell’assassinio tramite due volantini fatti ritrovare in una cabina telefonica a Padova e Milano, e in seguito con una telefonata alla redazione padovana de “Il Gazzettino”; in tali rivendicazioni viene annunciato che le le due vittime erano state giustiziate dopo essere stati ridotti all'impotenza.
 


Le Brigate Rosse avevano in precedenza commesso altre azioni violente armate, tra cui il rapimento del procuratore Mario Sossi, a Genova, il 18 aprile 1974, ma questo fu il primo omicidio effettuato e rivendicato a nome delle Brigate Rosse, e venne messa in discussione l'esistenza di tale organizzazione terroristica sia dai giornali che dalla magistratura: per 6 anni infatti, dietro la spinta di giornali di sinistra quali ad esempio il Manifesto, l'Avanti e L'Unità, le forze dell'ordine indirizzarono le indagini su una fantomatica "pista nera", che interpretava l'omicidio di Giralucci e Mazzola come un regolamento di conti interno al partito del MSI.


Tale azione di depistaggio ebbe momentaneamente successo.













Il processo:


Negli anni ottanta, in seguito alle confessioni di vari terroristi pentiti ed ad una più vasta indagine sulle Brigate Rosse, viene aperto il processo per l'assassinio di Giralucci e Mazzola.





In tale procedimento non fu coinvolto Pelli, morto in carcere di leucemia nel 1979.





L'11 maggio 1990 la Corte d’Assise di Padova dichiarano gli imputati tutti colpevoli, con le seguenti condanne:



- Roberto Ognibene, diciotto anni per omicidio volontario.
- Susanna Ronconi, nove anni e sei mesi per concorso anomalo in duplice omicidio.
- Giorgio Semeria, nove anni e sei mesi per concorso anomalo in duplice omicidio.
- Martino Serafini, sei anni, un mese e dieci giorni per concorso anomalo in duplice omicidio.
Oltre ai membri del commando, furono condannati anche i vertici delle BR, considerati mandanti dell'omicidio:
- Renato Curcio, dodici anni e otto mesi per concorso morale in duplice omicidio.
- Mario Moretti, dodici anni e otto mesi per concorso morale in duplice omicidio.
- Alberto Franceschini, dodici anni e otto mesi per concorso morale in duplice omicidio.
Nell'agosto 1991, Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica in carica, propose di concedere la grazia a Renato Curcio; a tale provvedimento si opposero le famiglie Giralucci e Mazzola che, per protesta, chiesero la loro sospensione dallo status di cittadinanza italiana.
Sempre a tal riguardo, Silvia Giralucci, figlia di una delle due vittime e ventenne al momento della lettera, scrisse a Cossiga:

« La grazia è un'ingiustizia che ci offende, sia come familiari delle vittime del terrorismo, che come privati cittadini. Mia madre ed io avevamo già espresso parere negativo alla grazia... La nostra vita è stata profondamente segnata da quell'episodio, è una vita non completa, non normale. Perché dobbiamo concedere una vita normale a chi non ha permesso che la nostra fosse tale? Hanno stroncato e segnato irreversibilmente troppe vite per avere il diritto di godersi la loro. Constatatone il fallimento, vorrebbero, e lei con loro, considerare la loro esperienza storicamente sorpassata, ma il dolore mio e della mia famiglia non è ancora storia, è vita". »
(Silvia Giralucci, in risposta alla proposta di grazia a Renato Curcio da parte del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga)
la Corte d’Assise di Venezia aprì il processo di appello e il 9 dicembre emise una sentenza che inasprì le pene rispetto al primo grado:
- Roberto Ognibene, diciotto anni per omicidio volontario.
- Susanna Ronconi, dodici anni e sei mesi per concorso pieno in duplice omicidio.
- Giorgio Semeria, dodici anni e sei mesi per concorso pieno in duplice omicidio.
- Martino Serafini, sette anni e sei mesi per concorso pieno in duplice omicidio.
- Renato Curcio, sedici anni e due mesi per concorso morale in duplice omicidio.
- Mario Moretti, sedici anni e due mesi per concorso morale in duplice omicidio.
- Alberto Franceschini, sedici anni e due mesi per concorso morale in duplice omicidio.
Nel luglio 1992 Serafini chiese la grazia, mentre Ronconi e Semeria usufruirono della semilibertà e Ognibene, grazie ai benefici della legge sui dissociati, fu impiegato presso il comune di Bologna.
L' 1 agosto 1992 Serafini venne arrestato per scontare due anni e mezzo di pena residui.